In famiglia capita spesso che un problema psicologico venga attributo a uno dei componenti, sottovalutando l’influenza delle dinamiche di tutti i membri della famiglia
È un luogo comune quello di immaginare la casa come quel “nido” in cui rifugiarsi dal mondo, ed è abbastanza scontato anche affermare che i componenti di una famiglia rappresentano le prime persone con cui si inizia a relazionarsi. Ognuno di noi infatti ha come principale riferimento emotivo e relazionale la famiglia, che rappresenta anche il nostro primo contesto esperienziale, e per questo risulta importantissimo per la formazione del nostro modo di essere.
Non di rado però la famiglia rappresenta anche un’occasione per la nascita di conflitti e disagi, che spesso vengono affrontati in modo disfunzionale: capita così che per mantenere l’equilibrio di un intero nucleo familiare, un soggetto venga “sacrificato”, facendosi carico del problema a livello individuale. Questo soggetto viene in qualche modo (e in maniera totalmente inconsapevole) designato, scelto dalla famiglia, che preferisce focalizzare il problema su un unico membro piuttosto che allargare la responsabilità dei problemi al contesto familiare più ampio.
Secondo la psicoterapia sistemico relazionale il comportamento di ogni individuo può essere spiegato analizzando l’ambiente in cui vive (ovvero il sistema) e le reti di relazioni significative di cui egli è parte. Per queste ragioni la famiglia, intesa come sistema transazionale, è soggetta a continui cambiamenti.
Si definisce:
- Sistemica: perché il malessere presentato dalla persona viene interpretato non come problema dell’individuo, ma come espressione di disagio di uno dei sistemi di appartenenza (familiare, sentimentale, lavorativo ecc.);
- Relazionale: perché l’identità individuale è considerata come frutto delle relazioni significative che la persona ha intrattenuto nel corso della sua vita.
Pertanto, un’eventuale difficoltà nel relazionarsi non è interpretata come caratteristica insita nell’individuo, ma come l’esito di ben precise esperienze relazionali.
Il fine della terapia è quindi quello di trovare modalità relazionali diverse, così come sono diversi i vari sistemi di appartenenza.
L’approccio sistemico ha totalmente modificato il modo di considerare le categorie cliniche quali il sintomo, la diagnosi e il trattamento, e le ha ridefinite in termini relazionali. Pertanto gli eventi problematici di un singolo individuo influenzano l’intera famiglia come unità funzionale, con effetti che si estendono a tutti i membri e alle loro relazioni. Il sintomo non viene più considerato come l’espressione di problematiche individuali ma indica una disfunzione dell’intero sistema familiare.
Nella terapia sistemica si possono prevedere incontri dapprima individuali, perché il paziente porta con sé tutte le relazioni significative che animano la propria vita nel presente, nel passato, e che possono compromettere l’ipotetico futuro. Si porrà attenzione alla dimensione relazionale ed interattiva del cliente, non tralasciando pensieri, emozioni, storie e vissuti legati alla dimensione individuale.
In alcuni casi tale tipo d’approccio si configura come prosecuzione di un percorso familiare o di coppia, dove si cerca di affrontare “nodi privati” che altrimenti il paziente affronterebbe individualmente.
L’intervento terapeutico è basato sull’osservazione delle modalità di relazione tra il paziente e la sua famiglia, e si pone l’obiettivo di modificare, attraverso un processo di comunicazione tra terapeuta ed individuo/famiglia, i modelli disfunzionali presenti nel contesto entro il quale il disagio del paziente è emerso, stimolando le risorse familiari e rafforzando sia il funzionamento individuale sia quello familiare.
Già dagli anni ’70 dello scorso secolo, l’approccio psicologico relazionale di Gregory Bateson ha evidenziato come attraverso la comunicazione l’individuo costruisca la propria rete di relazioni. Inoltre è proprio tramite la comunicazione che è possibile definire le relazioni interpersonali, se stessi e gli altri interlocutori.
Il percorso verso una comunicazione non è però facile e privo di ostacoli: il flusso di pensieri e parole, quando espressi, possono ingenerare ulteriori conflitti e incomprensioni, perché gli individui tendono ad introiettare ed elaborare arbitrariamente il processo della comunicazione.
Secondo Bateson infatti esistono solo due tipi di relazioni possibili:
- Relazione simmetrica: quando le relazioni vengono percepite in un rapporto di uguaglianza e parità:
- Relazione complementare: quando si percepisce una netta e incompatibile differenza col proprio interlocutore.
Inoltre lo studioso ha sviluppato la teoria del doppio legame, secondo la quale questo disagio, se trascurato o se manifestatosi ad uno stadio avanzato, può portare addirittura alla schizofrenia. Il processo si innescherebbe in una situazione di “conflitto comunicativo” con una serie di messaggi discordanti e contraddittori (ad esempio quando a quel che si dice verbalmente contraddice il messaggio comunicato con i fatti). Un esempio riportato da Bateson è quello di una madre che reagisce con estrema rigidità fisica agli abbracci del figlio, ma esprime verbalmente concetti come “Non devi aver paura ad esprimere i tuoi sentimenti”.
Per chi è indicata la Psicoterapia Sistemico-Relazionale
L’approccio sistemico-relazionale può rivelarsi utile per le persone che ritengono avere delle difficoltà in specifici rapporti (di coppia, genitoriale, ecc.).
In modo particolare può rivelarsi efficace nel momento in cui si presentano problematiche evolutive nei bambini e negli adolescenti.
Questo tipo di terapia è inoltre finalizzato ad interpretare alcuni eventi e situazioni in modo maggiormente tollerabile da un punto di vista emotivo, per poi cercare di trovare un significato possibile alle proprie difficoltà, siano esse personali o familiari.
La psicoterapia sistemico relazionale è utilizzata in modo particolare nei servizi di salute pubblica, nel campo della patologia psichiatrica degli adulti, nel trattamento dei disturbi alimentari, nel campo delle tossicodipendenze e negli ultimi anni anche nelle problematiche concernenti le separazioni/divorzi e nelle problematiche scolastiche.
Il lavoro psicoterapeutico non è quindi prettamente rivolto al trattamento del sintomo presentato, ma alle situazioni relazionali che lo hanno generato.
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