Approfondimento in occasione della Giornata Nazionale della Sindrome di Down, istituita da CoorDown Onlus (Coordinamento Nazionale Associazioni delle persone con Sindrome di Down). Vissuti emotivi e punti di forza nella relazione tra fratelli, in presenza di un bambino con disabilità.
Il 13 ottobre è la Giornata Nazionale della Sindrome di Down, istituita e promossa da CoorDown Onlus. Il tema di quest’anno è “Non lasciate indietro nessuno”. L’obiettivo è promuovere progetti di inclusione scolastica, perché “maggiori opportunità a scuola, nel mondo del lavoro e nella vita sociale possono portare alla piena inclusione per ogni persona con disabilità”.
L’inserimento dei bambini nella società più ampia parte proprio dalla scuola, pertanto quest’ultima si impegna a garantire a tutti i bambini le stesse opportunità di apprendimento e di inserimento.
Lo sguardo va oltre il dato oggettivo della disabilità e il focus è puntato maggiormente sulle risorse dei bambini. La stesura del P.E.I. (Piano Educativo Individualizzato) da parte degli insegnanti garantisce ai bambini il diritto all’istruzione e il diritto di accedere agli obiettivi formativi individuali. Inoltre, i bambini con Sindrome di Down hanno diritto all’insegnante di sostegno e ad un programma didattico semplificato o, in ogni caso, adeguato alle difficoltà specifiche.
Con la crescita degli alunni con disabilità, la scuola (di concerto con la famiglia) li orienta anche verso il futuro inserimento sociale e lavorativo, costruendo insieme un vero e proprio “progetto di vita”: esso si basa su un’attenta indagine e valutazione di inclinazioni, interessi, passioni dei ragazzi con disabilità, affinché nel futuro essi possano fare leva sui loro punti di forza.
Vedremo nel corso dell’articolo quanto sia fondamentale il ruolo della famiglia, e in particolare dei rapporti tra fratelli, nella costruzione di un progetto di vita, all’insegna dell’inclusione e del benessere individuale e familiare.
La Sindrome di Down: peculiarità e diagnosi precoce
La Sindrome di Down è una condizione genetica, conosciuta anche come Trisomia 21, in quanto è caratterizzata dalla presenza di un cromosoma in più nella coppia identificata con il numero 21.
Tale anomalia genetica comporta disabilità intellettiva e ad essa possono associarsi anche problemi di salute, come malformazioni cardiache congenite o malformazioni intestinali. Nei primi mesi di vita, nei bambini con Sindrome di Down si osservano ritardi nell’acquisizione e nello sviluppo del linguaggio, nonché nello sviluppo motorio. Il loro quoziente intellettivo è variabile, distribuito equamente come nella popolazione normale da un punto di vista statistico: mediamente è pari a 50, paragonabile al QI pari a 100 delle persone normotipiche.
Non esiste una “cura” per la Sindrome di Down, in quanto non si tratta di una “malattia”, ma di una “condizione” che accompagna l’individuo per tutta la vita. Tuttavia è fondamentale intervenire tempestivamente attraverso programmi di riabilitazione specifici, come psicomotricità, logopedia e fisioterapia.
La Sindrome di Down non è una condizione ereditaria, ma aumenta la probabilità di mettere al mondo un bambino con Sindrome di Down se in precedenza, dalla stessa coppia di genitori, è nato un bambino con queste caratteristiche. Un altro fattore di rischio è l’età della madre: se è maggiore di 37 anni, ci sono più probabilità che nasca un bambino con Sindrome di Down.
È possibile riscontrare una diagnosi di questo tipo già nel corso della gestazione attraverso esami specifici: intorno alla 16° – 18° settimana di gestazione con l’amniocentesi o tra la 12° e la 13° settimana con la villocentesi. Tali accertamenti permettono di ottenere la mappa cromosomica del feto (cariotipo) ed in genere vengono proposti alle madri “a rischio”, ovvero che presentano le caratteristiche appena descritte.
“Mio fratello rincorre i dinosauri”: la relazione tra fratelli
Il film “Mio fratello rincorre i dinosauri”, tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di Giacomo Mazzariol, è una commedia diretta da Stefano Cipani e vanta la partecipazione di attori di spessore come Alessandro Gassman, Isabella Ragonese e Rossy De Palma. I protagonisti sono i bambini Jack e Gio: quest’ultimo ha la sindrome di Down.
Il tema del film riguarda principalmente il rapporto tra fratelli e, in particolare, tende ad indagare com’è crescere con un fratello con la sindrome di Down. Jack accoglie con trionfo la notizia della nascita di un fratellino, a maggior ragione se descritto dai genitori come un bambino così speciale e “dotato di superpoteri”. Tuttavia crescendo Jack si rende conto della diversità del fratellino Gio, cogliendo i limiti oltre al potere di “far vivere le cose”. Caratterialmente i bambini con sindrome di Down sanno essere ben disposti a relazionarsi con i coetanei, sono generalmente affettuosi e di buon umore; il loro sviluppo emotivo e sociale sorpassa quello cognitivo e sono capaci di donare all’altro molto affetto.
Quando Jack compie 14 anni e fa il suo ingresso nell’adolescenza, tutto cambia: Jack ha nuovi interessi come le ragazze, la band, gli amici e anche la percezione di avere un fratellino disabile cambia e assume un’altra connotazione emotiva. Jack teme che Gio possa metterlo in imbarazzo davanti agli amici con i suoi comportamenti e arriva al punto di negare di avere un fratello.
Vissuto emotivo dei siblings e resilienza familiare
La relazione tra fratelli in presenza di un bambino disabile mostra una certa complessità e numerose ricerche sono state condotte in merito al vissuto emotivo dei siblings.
Con il termine “siblings” in psicologia si identificano i fratelli sani di persone con disabilità fisica o intellettiva. I siblings tendenzialmente sono portati a sperimentare sentimenti ed emozioni contrastanti: affetto incondizionato, sensibilità verso i bisogni del fratellino in difficoltà, premura, protezione etc. si scontrano con altre tipologie di sentimenti, come l’imbarazzo, la vergogna, la preoccupazione e il senso di responsabilità; come in tutte le relazioni tra fratelli possono prendere piede anche sentimenti di invidia e gelosia, in quanto l’altro fratello è visto come più debole e più richiedente di attenzioni e cure da parte della coppia genitoriale; il sibling tende un po’ a “scomparire” in quanto sono i bisogni del fratello di disabile in primo piano rispetto ai suoi; impara velocemente a cavarsela da solo, a fare a meno di chiedere aiuto ai genitori, al contrario, talvolta è egli stesso, crescendo, a prodigarsi per aiutare gli altri familiari nella gestione del fratello con disabilità; infine, il sibling sperimenta, come del resto i genitori, un vissuto di “perdita” rispetto alla mancata possibilità di avere una relazione con un fratello “alla pari”, col quale condividere giochi, interessi, hobby etc.
Tuttavia, l’esperienza di crescere con un fratello disabile, porta anche degli aspetti positivi: a causa delle vicissitudini con cui sono chiamati a confrontarsi, i sibling sviluppano competenze emotive, come empatia, sensibilità, compassione, tolleranza etc. maggiori rispetto ai coetanei; sono maggiormente “preparati” ad affrontare situazioni di oggettiva difficoltà, mettendo in campo le strategie di coping sperimentate e apprese nel contesto familiare.
Tollerare la frustrazione e mantenere un alto funzionamento anche in presenza di difficoltà oggettive, apprendere da esperienze negative e traumatiche, traendo comunque un beneficio personale in termini di competenze emotive e relazionali, autostima, senso di autoefficacia etc. sono tutte capacità che rientrano nel concetto di resilienza: un altro oggetto di studio molto caro alla psicologia e che avremo modo di trattare in un ulteriore approfondimento.