Quante volte nonostante tu abbia impiegato tutte le tue forze e il tuo impegno, comunque non sei riuscito a raggiungere il tuo obiettivo? Tutti prima o poi nella vita facciamo esperienza di insuccesso. Un’esperienza negativa non deve annullare il nostro valore o farci dubitare delle nostre competenze. Eppure dinnanzi ad un fallimento abbiamo due possibili reazioni: ci scoraggiamo e gettiamo la spugna, oppure cerchiamo di imparare dall’esperienza. Talvolta non bastano la preparazione ad un esame e l’impegno per superarlo: contano anche le nostre credenze, la motivazione, lo stato emotivo e tanti fattori psicologici, non ultimo il nostro senso di autoefficacia. Non siamo vittime del destino, possiamo effettivamente agire sulle nostre convinzioni per cambiarle e raggiungere esiti migliori.
Lo psicologo canadese Albert Bandura ha coniato il termine “autoefficacia” e l’ha definita come “la fiducia che ogni persona ha sulle proprie capacità di ottenere gli effetti voluti con la propria azione”. Il nostro senso di autoefficacia e altre variabili psicologiche (come ad es. l’autostima, la motivazione, il locus of control etc.) influiscono molto sul raggiungimento degli obiettivi. Il senso di autoefficacia è qualcosa di diverso rispetto alla “fiducia in se stessi” o al “valore di sé”, costrutti un po’ più globali. L’autoefficacia si riferisce anche alla capacità di pianificare una sequenza di azioni che riconosco come efficaci per il raggiungimento di un obiettivo specifico. “L’autoefficacia, non è dunque una misura delle competenze possedute, ma la credenza che la persona ha in ciò che è in grado di fare in diverse situazioni con le capacità che possiede” (Borgogni,2001).
Secondo Bandura, la convinzione rispetto alle nostre capacità influenza fortemente la prestazione. Chi ha uno scarso senso di autoefficacia tenderà a sentirsi meno capace e all’altezza della situazione; tale atteggiamento influisce negativamente sulla sua prestazione, ci sentiamo demotivati, insicuri, ci impegniamo poco oppure rinunciamo e l’obiettivo prefissato si allontana sempre di più. Chi ha un buon senso di autoefficacia, invece, conosce le proprie strategie e le mette in atto, pianifica le azioni in maniera efficace e le riprogramma se inciampa in qualche imprevisto; mettersi alla prova in ogni occasione, aumenta le probabilità di sperimentare successo, a vantaggio della propria autostima.
Cinque fonti di autoefficacia secondo Bandura
Per raggiungere un obiettivo talvolta non basta la preparazione, ma occorre anche sentirsi in grado di affrontare una data situazione e, detto molto più semplicemente, “crederci”. Lavorare sui fattori psicologici e sulla percezione delle proprie capacità favorisce il raggiungimento dei risultati attesi.
Da dove viene l’autoefficacia? Bandura nel suo saggio “Autoefficacia: teorie e applicazioni” definisce cinque fonti di autoefficacia, con relative strategie per svilupparla.
1. L’esperienza diretta delle proprie capacità
Per incrementare il nostro senso di autoefficacia è importante non rinunciare mai ad un’esperienza per paura del fallimento. Per essere sicuri delle nostre capacità, dobbiamo anche metterle in pratica o, come si suol dire, “sperimentarci”. Se non ci mettiamo mai in gioco, non sapremo mai di cosa saremmo capaci! Il vero fallimento è la rinuncia. Anche un esito negativo o inaspettato ci può insegnare qualcosa e migliorare l’autoefficacia. Basta che ci poniamo tre domande-chiave:
- Cosa posso imparare da questa esperienza?
- Quali competenze devo ancora migliorare affinché l’insuccesso non si ripeta in una situazione futura e analoga?
- Qual è il lato positivo nonostante tutto?
2. L’osservazione e l’apprendimento di esperienze altrui
Mediante l’osservazione dei comportamenti degli altri apprendiamo continuamente nuove abilità, fin da quando siamo bambini. Questa tecnica di apprendimento si chiama “modellamento” ed è stata descritta da Bandura. Anche per lo sviluppo dell’autoefficacia può tornare utile rifarsi alle esperienze di successo sperimentate dagli altri: leader, mentori, formatori etc. Tuttavia, il modellamento o modeling non è semplice imitazione, ma è la capacità di cogliere e adattare le strategie altrui, in funzione dei nostri obiettivi.
3. La persuasione e l’influenza sociale
Il senso di autoefficacia ha origini remote nella nostra vita affettiva e relazionale. Sono in primis le figure genitoriali e gli altri adulti di riferimento a rinforzare i bambini, restituendo loro quel senso di sicurezza e di autostima che li accompagnerà tutta la vita. L’incoraggiamento ricevuto mediante le relazioni significative condiziona il nostro senso di efficacia. E’ di fondamentale importanza circondarsi di persone positive, in grado di sottolineare i nostri punti di forza e con le quali giore dei propri traguardi. A lungo andare tale gratificazione verrà interiorizzata e andrà a nutrire la nostra autoefficacia. La persuasione sulle nostre capacità non sarà più soltanto esterna, ma anche interna. Di consequenza, saremo meno dipendenti dalle conferme e dai giudizi degli altri.
4. La gestione efficace delle emozioni
Le emozioni influenzano notevolmente le nostre capacità. E’ impossibile non considerare lo stato emotivo, anche se ci troviamo a dover svolgere un compito cognitivo o fisico. Pensiero ed emozioni sono intimamente collegati e si influenzano reciprocamente. Lo stesso possiamo dire del rapporto tra mente e corpo. Senso di agitazione, tenzione muscolare, stanchezza etc. sono tutti campanelli d’allarme che il nostro corpo ci invia per esprimere disagio e invitarci a cambiare atteggiamento. Se siamo in grado di cogliere questi segnali e interpretarli con l’aiuto di uno psicologo, saremo in grado di superarli e migliorare la nostra autoefficacia.
5. L’immaginazione
Secondo Bandura è possibile sviluppare autoefficacia mediante l’utilizzo dell’immaginazione. Non impariamo soltanto osservando i comportamenti degli altri, ma anche se esploriamo le nostre capacità mediante una “simulazione” mentale o concreta (ad es. con la tecnica del role playing). Del resto raggiungere un obiettivo presuppone anche abilità di pianificazione e programmazione delle azioni. Anche ragionare mediante un pensiero divergente-creativo, piuttosto che seguire una strategia convergente e lineare, favorisce la creatività e la flessibilità mentale utili all’autoefficacia. Come nell’autopersuasione, attraverso l’immaginazione possiamo evocare alla mente situazioni passate o ipotetiche in cui ci siamo percepiti come esperti e competenti.
Quattro strategie per migliorare l’autoefficacia secondo Winch
Lo psicologo americano Guy Winch suggerisce cinque punti per iniziare a lavorare sulla propria autoefficacia:
- dosiamo bene le aspettative: se partiamo da aspettative troppo alte oppure da affermazioni positive in assoluto (ad es. “Sarà sicuramente un grande successo”) rischiamo di bruciarci se qualcosa non va come vorremmo; è più funzionale restare obiettivi e con i piedi per terra; le aspettative devono effettivamente riflettere le nostre capacità e scaturire da un’attenta analisi dei dati di realtà.
- sviluppa le tue competenze: ognuno di noi ha un ambito di conoscenza nel quale ci sentiamo all’altezza, magari perché ci interessa o abbiamo una predisposizione maggiore; identifichiamo qual è questo campo e continuiamo ad investire nello sviluppo di queste competenze; cerchiamo di diventare i migliori nel nostro campo per affermarci e realizzarci con successo.
- impara ad accettare i complimenti: chi ha una bassa autostima o si sente insicuro, difficilmente prende sul serio i complimenti; accettare i complimenti è indicativo del fatto che la nostra autostima sta migliorando, in quanto riusciamo finalmente a identificarci nelle descrizioni positive che gli altri ci forniscono.
- afferma il tuo valore: dopo un’esperienza negativa, talvolta tendiamo a dubitare delle nostre capacità e ci demoralizziamo; per evitare che ciò accada, possiamo subito rifocalizzarci sulle nostre qualità mettendole per iscritto come promemoria/vademecum.